LA NAVE GRECA
A Gela, importante porto marinaro dell'antica Grecia, confluivano le
merci pregiate provenienti dai mercati dell'Egeo e dell'Attica e proprio a
Gela giunse in quel tempo una nave greca, la quale, forse per le cattive condizioni
meteomarine, affondò davanti alle sue coste.La scoperta del relitto risale al 1988, e si deve a 2
subacquei locali, Gianni Occhipinti e Gino Morteo. Una lunga indagine archeologica durata
circa 20 anni ha portato alla luce la struttura lignea dell’imbarcazione, il carico trasportato, e,
frattanto, si sono stabilite strategie di recupero, restauro e musealizzazione.
Dopo quasi 2.500 anni, l'imbarcazione è stata individuata a 800 metri dalla costa, nel tratto di
mare antistante l'emporio antico di Bosco Littorio.Con diverse campagne di scavo subacqueo è
stato possibile recuperare la merce trasportata a bordo, ma anche studiare le caratteristiche
strutturali di una nave mercantile, una delle poche, in così buono stato di conservazione,
ritrovate nelle acque del Mediterraneo.
Dopo il recupero le delicate strutture lignee sono state trasferite nel laboratorio Portsmouth,
in Inghilterra, e sottoposte al trattamento di restauro, utilizzando il metodo del PEG.

Dagli studi effettuati si è stabilito che l’imbarcazione naufragò a soli 800 metri dalla costa,
prima di scaricare le merci nelle piccole botteghe, che dal porto, ubicato presso la foce del
fiume Gelas, arrivavano fino alla località attualmente conosciuta con il nome di Bosco Littorio,
dove è stata scoperta un’ampia porzione dell’insediamento commerciale. Dall’esame dei
reperti che compongono il carico sembra che il naufragio sia avvenuto intorno al 480 a.c.,
probabilmente per un mutamento delle condizioni meteo-marine, che impedirono alla nave di
raggiungere il porto di Gela. Il mercantile, che giaceva in una profondità di 5-6 metri, è un
veliero dalla forma larga e tozza, che misura circa 20 metri di lunghezza, e quasi 7 metri di
larghezza, realizzato nella tecnica a “guscio”, con una struttura portante esterna costituita da
un fasciame di tavole in pino chiaro. Le tavole erano legate da corde vegetali, passanti entro
fori, e connesse mediante parti lignee cilindriche, poste ad intervalli regolari. La tecnica a
“guscio”, e “l’uso delle cuciture” erano conosciute fin dai tempi di Cheope (III millennio a.c.). le
tracce di tessuto rinvenute in corrispondenza delle giunture delle tavole e il rivestimento
interno di pece avevano lo scopo di impermeabilizzare lo scafo, forse protetto esternamente
da lamine di piombo.
La nave trasportava un carico costituito da beni di pregio (ceramica attica figurata e a vernice
nera, ceramica laconica, oggetti in bronzo, e, inoltre, anfore vinarie e olearie) e da una grande
quantità di vasi di produzione coloniale, la cui presenza consente di ipotizzare che il mercantile
navigasse soprattutto lungo brevi tratti della costa siciliana e della Magna Grecia, effettuandonumerosi scali nei vari empori, dove si svolgevano le operazioni di scarico e di carico della
merce o della zavorra, utile a riequilibrare il peso della nave, come dimostrano le numerose
pietre ritrovate sul relitto.
Altri oggetti offrono interessanti informazioni sulla vita di bordo. 8 cestini in fibra vegetali, con
manico in legno, contenenti probabilmente derrate alimentari, erano destinati alla vendita,
ovvero all’alimentazione dell’equipaggio, cui erano riservati i buoi, macellati e in quarti,
trasportati a bordo, dei quali sono stati individuati i resti delle carcasse. Un amo e una
fuseruola fittile da rete dimostrano che i marinai si cibavano anche di pesce, mentre le olle da
cucina, le ciotole, le brocche e le lucerne con ampie tracce di combustione erano gli altri
oggetti della vita quotidiana. Uno zufolo fittile serviva probabilmente ad impartire ordini aimarinai durante il corso della navigazione.
Alle pratiche di culto che si svolgevano durante la navigazione, come ricordano Omero e
Tucidide, potrebbero essere ricondotti 4 arule fittili a decorazione dipinta, un cinghialetto
fittile, una statuetta lignea, di cui è stato rinvenuto il braccino, e la statuetta fittile di divinità
seduta.
Tra gli ospiti della nave vi erano probabilmente un mercante, cui doveva appartenere uno stilo
in osso, destinato ad incidere le tavolette di legno, spalmate di cera, utilizzate per redigere il
giornale di bordo, e un personaggio di ceto elevato, forse proprietario di una fibula di argento
ritrovata durante la campagna di scavo.
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